…I’ll give it to someone special

Tre mesi fa, mi avevano detto che non ci saresti stata questo Natale, nè il prossimo e nemmeno per tutti i Natale della mia vita.
E, invece, sei qui coi tuoi splendidi occhi verdi screziati a litigare con le ostriche, immersa nella tua cucina come tutti gli anni; sei diversa sì, sei mutilata e stanca,  la tua esistenza e le nostre non torneranno più quelle che erano, ma in fondo rimani sempre la stessa: una guerriera in tregua prima della battaglia campale.
Quindi, non ho desideri quest’anno, ma per un istante, fingo di credere a Gesù Bambino o chi per lui:

“Ho una richiesta e, bada bene, non è una supplica, perché questa volta lo pretendo e non per me stessa, ma per lei: mi devi dare un po’ di fortuna. (poi passo e pago, come al solito, del resto.)
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Quasi fosse tregua, come fosse prima

E invece sono diventata grande, così all’improvviso, il 2 settembre in una notte sola.
A volte, penso di averla riportata in vita con la forza della disperazione, con la volontà granitica che mi ha tenuta in piedi per settimane, aggrappata a quel groviglio di tubi che non c’entravano un cazzo con la mia vita, tanto mi sento esausta, sfilacciata ed usurata.
Ho varcato la porta della mia sicura ed inespugnabile casa,  con i bagagli dell’ennesimo viaggio ed ero io: la giovane, sfrontata, viziata e bellissima ragazzina felice, con la testa piena di libri e feste alcoliche; poche ore dopo la porta blindata di un corridoio asettico mi separava da tutto quello in cui abbia mai creduto, dalla presenza monumentale della mia sconclusionata e scintillante esistenza e non sono stata più io. In un barlume di autocoscienza, nel momento più doloroso, sono stata grottescamente fedele a me stessa e ripetevo soltanto “Se muore, non sarò mai più felice” come se la mia felicità fosse più importante della sua vita.
Abbiamo lottato insieme, ho raccolto i pezzi di questa variegata e e scalcinata famiglia che lei ha creato dal nulla e ha tenuto in piedi contro tutti e me la sono caricata sulle spalle: mente fredda, movimenti composti, nessuna lacrima e nessun dolore, ché sotto pressione spesso si da il meglio di noi stessi. 
Dicono che devo parlare, che aver affrontato tutto questo comporta un trauma, ma l’unico motivo per cui lo sto facendo è solo per capacitarmi che è accaduto davvero: “Se non lo scrivo, non è reale” il solito vecchio ritornello di Mademoiselle che, nel suo inconscio, cesella una realtà altra in cui il dolore non esiste.
Non posso permettermelo, ha ancora bisogno di me: sono una macchina da guerra, ma non so smaltire le macerie.

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Feste di compleanno con valigia

Le feste in giardino si somigliano un po’ tutte. 
La mia è stata una festa di risate nebulose, nascoste in un 20 agosto di bicchieri vuoti abbandonati ai piedi della palma e di chiacchierate nostalgiche, scacciate via dal rum; è finita al mattino con l’ultima fiaccola spenta da raccattare ed un letto ingombro in cui farsi spazio.
Sono caduta nella tentazione di rievocare -appena un po’- e di crogiolarmi nel ricordo dei grandi assenti, poi mi sono ricordata che nessuno più di me può insegnarmi che le persone non vanno mai rimpiante, ma ricordate nei loro momenti migliori. Sempre.
Quindi smetto di scartabellare, di leggere ed impazzire per programmare nei dettagli questa partenza: butto nel cesso la guida che mi hanno appena regalato e preparo la valigia di un ennesimo viaggio inaspettato, insperato e assolutamente necessario.
Buon compleanno Mademoiselle, non diventare grande mai!




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scatoloni in giro

Tutto è ancora abbastanza incasinato: non ho scelto un template più o meno definitivo, non ci sono link, non c’è più un blogroll, ma c’è il mio blog tutto intero commenti inclusi -tranne uno o due che qualcuno ha lasciato mentre la migrazione era in atto e mi spiace-
Ecco, tutto questo non sarebbe stato possibile senza il lavoro di crimilda e di qualche altro benefattore a cui si è rivolta e di cui ignoro il nome: grazie mille. Io mi sono limitata a dare fastidio via skype con continue domande da utonta e  a riportare qualche gossip socialcosico: sono giovane, un giorno crescerò e mi comporterò come una brava signorina educata, ma non ora.  L’estate è un pessimo momento per diventare grande.
da Christ Deformed
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occultamenti di cadaveri

Niente, è che una nostalgia mi ha fatto un buco nel petto e allora ho deciso di indossare una maglietta nuova, per arginare i danni: un po' come quando nascondo le scarpe sotto il letto e mi riprometto di occuparmene o nascondo le cicatrici con un esercito di braccialetti tintinnanti.
Il punto è: non è questo il tempo delle tristezze.

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You better watch out what you wish for


Che il mood della serata è questo e temo durerà fino a lunedì mattina
 

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paturnie allineate

Ho eliminato i carboidrati dalla mia dieta da almeno un mese ed è una cosa tristissima, quasi luttuosa; ho distrutto la digitale secoli fa, ma ora mi serve e il mio telefono antidiluviano mi sta abbandonando; non riesco mai a trovare l'Internazionale di venerdì, la cosa mi irrita molto e si trasforma in una rocambolesca caccia al tesoro; entro sabato devo comprare una maglietta nuova, perché sono convinta che, se indosso quella dell'altra volta, se ne accorgeranno tutti; ho ricominciato a leggere fumetti sdolcinati ed entro ottobre devo trovare una casa galleggiante ad Amsterdam.
 

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L’araba fenice

Ho abbandonato questo posto per pudore e, probabilmenmte, a causa della mia solita inconscia convinzione che mi porta a credere che una cosa non esista finché non l'ho scritta.
Eppure, nonostante siano passati due mesi da quando ho raso al suolo la mia esistenza, falciando via affetti e persone, ricominciando per l'ennesima volta da capo,  non ho più voglia di parlarne, di espormi di sviscerare cause e concatenazioni: sono nella mia stanza di sempre, amoreggio con un ventilatore e stilo possibili mise per la serata.
Sembra che niente sia cambiato, che nulla possa scalfirmi, eppure so che un giorno dovrò fare i conti con tutto questo.
Ma oggi no.

 

On air:

 

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Mademoiselle va in città


L'abbiamo trovata ed è La Casa. Dopo innumerevoli buchi, dopo chilometri ingurgitati per visionare quello che nell'immaginario intimo doveva essere "l'appartamento perfetto", ma si rivelava poi una cocente delusione, noi abbiamo trovato quello che stavamo cercando.
E le mie giornate sono state da quell'istante un continuo sfogliare riviste di design, cataloghi e spendere soldi per cose di prima necessità come le federe di satin e l'orchidea per il bagno.
Sono emozionata, agitata e in fibrillazione: sopprimetemi o gioite con me.

 

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Latitanze immobiliari

Sono latitante, mi arrivano messaggi privati d'incitamento, di sorpresa, addirittura di condoglianze, ma non sono morta io, nè il blog; semplicemente sono stata seppellita dai libri, dai progetti per la tesi e dagli annunci immobiliari: Mademoiselle e Pollock cercano un mini buco in centro dove si presuppone io conduca più agevolmente i miei studi e prepari ottime cene che manco Julia Child. I risvolti sulle modalità e il finanziamento del progetto sono la parte più esilarante della cosa, vi basti pensare che Padre ha trasformato quello che sarebbe stato l'appartamento troppo caro di un'improbabile convivenza in un a sorta di pied a terre per studentesse ad intermittenza e io ho intenzione di lasciarglielo credere.
Il problema ora sono le case, striminzite e dotate di fornelletti da campo denominati "angolo cottura", con mensole dell'ikea a fare da "cabina armadio" e vista blocchetti di cemento; chilometri a piedi a fracassarmi le ossa e decine di mezzi pubblici da prenderle per visionarle ed inorridire (sia per l'estetica che per le orride sneakers che sono stata costretta ad indossare, manco una maratona).
Ma non mi arrendo: non va più di moda arrendersi, ragazzi.

 

 

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