Era oggi un anno fa: una data che inconsciamente vorrei dimenticare, così come tendo a voler nascondere gli eventi osceni, dolorosi ed esecrabili ammantandoli di un alone romanzesco: strofinare forsennatamente l’argenteria, affinché non si veda proprio quell’ammaccatura, quel graffio che tanto stona nello sbrilluccichio. Eppure, in quel solco c’è scritta una storia e in questo giorno c’è il senso recondito, profondo e autentico di ciò che sono e di quello che non sarò mai più; c’è la sensazione che, nonostante tutto, ho la fortuna di baciarti ogni sera e sentirmi benedetta; c’è la lezione più grande e, al contempo, il lusso che è riservato a pochi: mi stavi scivolando tra le dita, senza che potessi dirti quello che sento, invece oggi posso scrutare la luce buona dei tuoi occhi e sussurrartelo con parole semplici.
C’è la consapevolezza che mai persona è stata tanto amata nella mia costellazione di supernove schiantate e perse, che, sebbene la mia scarsa autoindulgenza non mi conceda sconti -ma una lista infinita di rimproveri per i fallimenti e le procrastinabilità- guardando indietro con terrore a quel giorno, mi chiedo come sia riuscita a sorreggere la nostra familiare “caduta degli dei” proprio con la stessa forza e la stessa altera dignità che mi hai insegnato tu.
Allora mi dico che sì, in fondo questa volta ho fatto la brava.
Sai una cosa? Adesso respiro di nuovo.
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