Immaginarmi migliore di te

Ci sei te che dormi sul divano, un divano che odiamo -una deriva quasi  “moderna” e invece ci manca la pelle, il cuoio solido e freddo così rassicurante- e ti scruto sull’uscio.
Ti guardo dormire, stanco dal lavoro e da questa vita che pare ti lasci indifferente: sembri una statua greca, un dio mitologico dai contorni perfetti, un patrizio distante, un narciso addormentato ritratto da qualche pittore del Seicento. Bello e distante perfino nella tavolozza dei tuoi colori, il tuo nome rinascimentale ti si addice come nessuno mai e siamo così diversi che mi sento estranea perfino a me stessa.
E infatti, sei così bello che vorrei poterti perdonare -l’ho pensato, l’ho detto-  ho detto: “Lo perdono, gli perdono tutto”.
L’ho pensato, l’ho detto, ma guardando il tuo sguardo ogni volta colpevole, mi rendo conto che probabilmente non l’ho ancora fatto.
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