Non ti pensavo da tanto tempo: stavo ammassando le macerie, arginavo danni, cancellavo ricordi seriali che ho selezionato per il mio tritadocumenti e mi lasciavo fottere il cervello, giusto per schiantarmi ancora un po’, sempre meglio che non provare un cazzo, giusto?
Non ti pensavo da tanto tempo -qualche giorno, un tempo d’infinita separazione per me- esattamente come mi avevano detto: “Ad un certo punto, ti succederà che non ci penserai, non lo farai di proposito, ogni giorno un minuto in meno fino al resto della tua di vita” e io bestemmiavo, mi ribellavo anche solo al concepimento di un’idea così paradossale e assurda.
Non ti pensavo da tanto tempo: ero occupata a diventare grande, ché non avrò mai più vent’ anni anche se te l’avevo giurato, anche se ti avevo promesso che avrei vissuto anche la tua vita.
Mi rimangio tutto: non è quello che avresti meritato, né quello che avresti voluto per me “sei una farfalla” ma ho cambiato colori un centinaio di volte e non erano quelli che vedevamo al sole di quei selciati di parole che non ti ho detto.
E, mentre mi distruggevo sul tapis roulant, pensando “senza mangiare, senza dormire, mi si spappolerà lo stomaco e mi si alienerà l’anima dalla solitudine” mi sei venuto in mente: ho reimpostato il programma, ho raddoppiato pendenza e velocità e ho alzato il volume della musica.
Ti ho pensato proprio in quell’istante senza senso, eppure il tuo sorriso in carta Kodak è sul mio comodino da anni ed è tutto quel che ho di te.
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