Quelle mattine iniziate male: ti svegli da sola mentre la tua casa di naufraghi alla deriva dorme ancora e la cosa ti da quel misto di sollievo e senso di colpa; invece riescono a captare il passo leggero dei tuoi piedi scalzi e ancor prima che le tue labbra raggiungano l’amaro del caffè, realizzi che è cominciata l’ennesima giornata della tua vita diurna di soldato inflessibile.
Ed organizzi, telefoni, impartisci e prendi ordini, mentre ti vesti davanti allo specchio ripassi l’agenda mentale dell’affanno, chiudendo un cassetto dello scrittoio ti accorgi di quella lettera che hai volutamente ignorato -ché sei stanca di lasciarti trafugare il corpo, ma non puoi, semplicemente non puoi-
Esci col sole per sederti in un’aula stracolma, il quaderno bianco davanti, la penna d’argento accanto -è tutto in ordine, lo vedi? è tutto come vuoi te!- e nell’attesa del quarto d’ora accademico, s’inceppa il meccanismo dei fottuti prati inglesi della tua mente: lo shuffle ti tradisce e parte quella che sarebbe la verità che diresti a te stessa, una macchia di sangue s’allarga sul foglio candido e sai che non servirà strapparlo.
Solo una cosa so di sicuro: vorrei raschiare la mia faccia contro il muro.
Solo una cosa so di sicuro: lasciare andare tutto il mio dolore contro questo muro.
Solo una cosa so di sicuro: lasciare andare tutto il mio dolore contro questo muro.
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