Ti senti sola con la tua libertà.

Sono gesti e consuetudini  che appartengono alla nostra esistenza, il segreto del lessico familiare, una cifra o quella sfumatura che non avresti mai voluto abbandonare.
E’ che questa mattina, hai aperto la porta della mia stanza con la tazza di caffè amaro in una  mano e  con l’altra hai acceso la luce: io ero immersa nel mio letto troppo grande, ingombro di troppi cuscini di seta blu e  hai esclamato “Oddio, sembri  una principessa!” 
E in quel preciso istante -tra il sonno e la veglia- ho rivisto la giovane donna che mi cantava questa canzone un po’ per scherno, ma soprattutto,  per empatica consapevolezza fin dal primo vagito, come fossi una veggente col mio destino tra le mani.
Sei rimasta sull’uscio, ci siamo guardate: i tuoi occhi verdi che ho sempre desiderato avere, dentro il nero dei miei di cui invidi la profondità e il privilegio di potercisi nascondere. Avrei voluto piangere, perché proprio allora mi sono resa conto che mi manchi incommensurabilmente e mi sono chiesta se mai ritornerai.


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