Tecniche di smaltimento e bicchieri vuoti

Per alcuni l’alcool è consolante, un patetico tentativo di autocommiserazione; a me, in teoria, piace quella sensazione di straniamento che dovrebbe farmi dimenticare chi sono, allontanarmi dal dolore e dalla vita diurna. Ma, da sei mesi a questa parte, non ha alcun effetto su di me -fenomeno alquanto bizzarro- : svuoto bicchieri uno dopo l’altro e continuo a rimanere pericolosamente lucida, mentre il cartonato, festaiolo e  inutile mondo di piccoli mentecatti che frequento mi cola addosso come una secchiata di vernice fresca; adulatori, cialtroni sentimentali, puttane bipolari, ossessivi compulsivi sono tutti in circolo a fare la ruota, mentre io riesco a vedere chiaramente qualunque cosa, perfino quanto sia imbarazzante che nel 2011 la gente si metta ancora indosso vestiti di lamè.
Potrebbe facilmente essere scambiato per un disturbo della personalità questo mio modo di scindere le ore diurne da quelle notturne, questo essere esattamente due persone apparentemente diverse: semplicemente, è il mio modo di esercitare il controllo su una vita paurosamente in bilico, l’unico sistema già collaudato di arginamento danni che conosco, non necessariamente quello meno indolore.

 


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